Storia. Vent’anni del filtro DPF di Opel

Storia. Vent’anni del filtro DPF di Opel

Nel Salone di Francoforte del 2003, Opel ha presentò un nuovo filtro DPF (Diesel Particulate Filter) del particolato che non richiedeva manutenzione né additivi.

Questo dispositivo che non presentava gli svantaggi tipici dei sistemi convenzionali, seguiva la grande tradizione Opel nel settore delle automobili a gasolio (ricordiamo il grande successo dell’innovativa Opel Rekord Diesel all’inizio degli anni settanta)

Un’intelligente strategia rigenerativa faceva infatti sì che prestazioni, consumi ed emissioni di CO2 si mantenessero entro livelli simili a quelli di un motore privo di filtro. Il post-trattamento, che comprendeva la presenza di un pre-catalizzatore nelle immediate vicinanze del propulsore e di un catalizzatore ossidante, era studiato per ridurre tutte le emissioni allo scarico, con particolare riguardo a quelle di idrocarburi incombusti (HC) e di monossido di carbonio (CO).

Storia. Vent’anni del filtro DPF di OpelInizialmente adottato sulle Opel Vectra e Signum equipaggiate con il motore 1.9 CDTI ECOTEC e successivamente esteso agli altri modelli a gasolio della Casa tedesca, il nuovo filtro Opel per il particolato dei motori a gasolio consisteva in un nucleo di ceramica tipo ”honeycomb” in carburo di silicio attraversato da microscopici canali. I gas di scarico passavano attraverso le pareti del filtro DPF sulle quali si raccoglieva il particolato che doveva essere bruciato in modo regolare per evitare che il filtro superasse i limiti della contropressione. Per il processo di rigenerazione, anziché utilizzare additivi nel combustibile, Opel preferì applicare un rivestimento di materiale prezioso al sottostrato del filtro ed iniettare quantità aggiuntive di gasolio in modo che la temperatura dello scarico raggiungesse i necessari 600°C. Ciò comportava un impianto di iniezione che avesse la necessaria flessibilità in tutte le condizioni di carico-motore, visto che il sistema doveva operare non solo quando il motore girava a pieno regime, ma anche quando la vettura faceva piccoli tragitti come, ad esempio, in città.

Per rispondere a queste esigenze, Opel utilizzava un’iniezione diretta common-rail di ultima generazione. Questa tecnologia permetteva di controllare in modo molto preciso ed in qualsiasi momento il processo di iniezione del combustibile (la quantità di pressione, ad esempio).

Storia. Vent’anni del filtro DPF di OpelUn altro vantaggio della soluzione proposta da Opel era che la rigenerazione avveniva ad intervalli irregolari, in funzione del modo di guidare prevalente: ad esempio, la combustione del particolato filtrato e l’iniezione aggiuntiva di gasolio si aveva solo quando il particolato aveva provocato una sufficiente contropressione nel filtro. Il procedimento era regolato, senza che il guidatore se ne rendesse conto, da sensori di pressione e di temperatura nell’unità DPF.

Sotto il pianale, tra il pre-catalizzatore posto in prossimità del motore ed il filtro del particolato, c’era un convertitore catalitico ossidante che riduceva le emissioni di idrocarburi incombusti (HC) e di monossido di carbonio (CO). Le emissioni di ossido di azoto restavano al di sotto dei limiti fissati dalla normativa Euro 4 per i motori a combustione interna. Questa configurazione permetteva di rispettare anche future normative sulle emissioni.

Fonte: Opel Italia

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.