La richiesta di una carica veloce durante le gare è da sempre un argomento spinoso e ampiamente dibattuto tra le diverse parti della Formula E.
A livello tecnico anche con grandi potenze di ricarica si riesce a fare poco o nulla perché nei 35 secondi circa previsti per l’attack charge, 5 secondi vengono persi per il setup del protocollo e controlli di isolamento prima di cominciare con l’effettiva carica, dopodiché la batteria viene sottoposta per 30 secondi ad una carica di circa 600 kW, molto simile a quella che riceve durante le frenate (che però durano molto meno) , questa energia nel computo totale della gara è poca, in più la termica della batteria viene sollecitata molto con il rischio che dopo la carica si debba andare più piano rispetto a prima perché nonostante si abbia a bordo più energia la batteria si trova limitata termicamente.
Viceversa nell’economia di gara il tempo di box di 35 secondi è notevole.
Qui a Madrid verranno fatte delle prove e ogni team ha ricevuto delle direttive molto precise su dove piazzare il caricabatterie e dove far fermare le auto davanti al box per la ricarica.
In questi fogli normativi le posizioni sia relative che assolute sono indicate con tolleranze di pochi mm ed ogni team ha speso la prima parte della permanenza qui in Spagna preparando scrupolosamente le righe di riferimento per l fermata auto.
La presa scelta per la ricarica è la classica ComboCCS che per tempi brevi può venir sovraccaricata senza problemi (in maniera continuativa invece la presa nasce per portare una potenza massima di 350kW).
Lato rete di alimentazione invece nessun problema perché i caricabatterie per l’attack charge sono dotati di storage interno di sufficiente potenza e di sufficiente energia per garantire la ricarica anche in caso di blackout completo della rete di alimentazione box.
Per semplificare l’elettronica di controllo si è scelto di usare un DC-bus molto alto superiore ai 1300 Volt in modo che il controllo di corrente tra la batteria interna e la batteria del veicolo possa essere realizzato con un semplice IGBT controllato in PWM, in maniera molto simile a come si faceva negli anni ’90 con i “trasferitori” per la ricarica rapida delle auto elettriche dell’epoca usando come sorgente un pacco batterie di tensione più alta posizionato a terra nei box.
Leggendo tra le righe si scopre che come fluido di raffreddamento della batteria del charger viene usato un fluido della famiglia BOT2100 che sono fluidi dilettrici utilizzati per il direct immersion cooling delle batterie.
Questo tipo di raffreddamento è ottimale per batterie sottoposte a brevi picchi termici dove è importante uniformare il più possibile la temperatura delle celle sia tra cella e cella che tra le varie parti della stessa cella.
Per come è costruito il caricatore il fluido non presenta un radiatore esterno e semplicemente usa l’inerzia termica del pacco e del fluido per gestire il calore generato durante l’uso dissipandolo poi lentamente quando non in uso
La batteria del caricatore pesa circa 320 kg e presenta una tensione di circa 1326 Volt al 64% di SOC e di 1276 Volt al 28% di SOC, queste tensioni fanno pensare ad un architettura 350s sempre sufficiente per caricare la batteria delle Gen3 EVO anche considerando le cadute di tensione nei cavi e nei connettori.
#SimoneRambaldi #theEMNteam
Foto: EMN
Dal circuito del Jarama, Madrid. Spagna
5 novembre 2024
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