L’auto senza conducente made in Google

Fonte: Zeus News

28 agosto 2013. Che a Google interessino le automobili, e in particolare quelle che si guidano da sole, non è certo una novità.

Ora, però, l’azienda di Mountain View pare aver deciso di accelerare i tempi, muovendosi in due direzioni.

Da un lato, Google ha investito una somma decisamente consistente – 257 milioni di dollari – in Uber, una startup che si sta facendo apprezzare e sta anche attirando qualche critica.

Uber è infatti non solo un’azienda ma anche un’app, tramite la quale si può ordinare una berlina più o meno di lusso con tanto di autista a prezzi relativamente economici: un servizio a metà strada tra quello di un autista privato e quello di un taxi.

Uber sfrutta i sistemi di geolocalizzazione per proporre sempre l’auto più vicina; si indica il percorso che si desidera fare, viene mostrato il prezzo che sarà necessario pagare e quindi non bisogna fare altro che attendere l’arrivo del proprio autista “in affitto”.

È chiaro che un’applicazione del genere, che offre un servizio a un prezzo non di molto superiore a quello di un taxi ma con vari vantaggi (tra cui l’utilizzo di belle auto) ha scatenato l’ira dei tassisti, che devono sottostare a tutta una serie di norme che Uber per ora ignora.

Non è un caso, dopotutto, se il Comune di Milano ha recentemente emanato un’ordinanza per mettere dei paletti alle attività di Uber, la quale d’altra parte non si è fatta impressionare dalle proteste e annuncia battaglia anche in sede legale.

Per capire il perché Google avrebbe interesse a sostenere Uber con una bella iniezione di denaro, occorre considerare anche l’altra direzione in cui la società di Mountain View si sta muovendo: quella delle auto robotiche.

Di recente – come riporta Amir Efrati, ex giornalista del Wall Street Journal – Google ha contattato diversi costruttori di automobili affinché realizzino un’auto secondo le specifiche da lei fornite.

A quanto pare, l’azienda avrebbe intenzione di passare dalla semplice fornitura di software per i veicoli (come quello che permette alle ormai famose Prius di Mountain View di muoversi da sole) alla realizzazione in proprio di un’auto completa, ovviamente assegnando la produzione dei singoli pezzi a chi queste cose le fa di mestiere.

Il motivo di tale presa di posizione sarebbe da cercare nel rifiuto che l’azienda ha incassato da pressoché tutti i maggiori produttori di veicoli cui s’era rivolta perché integrassero le tecnologie da lei prodotte: questo, almeno, è quanto riferisce la fonte contattata da Amir Efrati.

L’obiettivo è ambizioso: entrare nel mercato dell’auto non semplicemente come un altro produttore, ma come il primo produttore a vendere ai privati auto che si guidano da sole.

C’è però anche altro nei piani del colosso americano, ed è questa la parte che spiega l’interessamento in Uber.

Google starebbe puntando a costruire una flotta di “robo-taxi” in grado di offrire lo stesso servizio che al momento propongono i normali tassisti “umani” ma senza la necessità di un autista in carne e ossa.

Google immagina insomma un futuro in cui, per esempio, arrivando in aereo in una città straniera ci si può far prelevare da un’auto robotizzata che è stata chiamata tramite un’app dello smartphone.

Se poi l’azienda di Mountain View decida di gestire in prima persona tutto ciò non è ancora chiaro, né la fonte citata dal giornalista lo specifica.

È certo tuttavia che si tratta di un futuro che spaventa un po’ i tradizionali attori di questo settore, siano essi tassisti o case automobilistiche.

In fondo, si tratta di applicare il modus operandi che Google ha in questi anni dimostrato di amare, progettando il proprio smartphone o i propri notebook e affidandone la costruzione a terzi: ora vuole fare lo stesso con le auto.

La notizia dell’investimento in Uber da parte di Google è reale, ma la faccenda dei taxi senza conducente, accreditata come certa da numerose fonti autorevoli, in realtà sembrerebbe essere soltanto un’invenzione del blog TechCrunch, una sorta di articolo speculativo in cui si immagina come potrebbe essere il futuro tra dieci anni.

Il fatto che questo articolo sia stato ripreso come certo praticamente da tutte le fonti di informazioni (ad esempio: La Stampa; L’Espresso; Ansa; Il Giornale; Focus; Wired ecc.) ha indotto anche noi nell’errore.

Rimangono comunque valide tutte le considerazioni espresse nel nostro articolo, ma con la consapevolezza che almeno per ora non c’è nessuna azione ufficiale da parte di Google in questo senso.

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