Pannelli solari ai pigmenti di mirtillo

Pannelli solari più economici grazie ai pigmenti del mirtillo.

Eliminato il silicio. Costerà meno produrli e installarli

Di Jaime D’Alessandro

Fonte: La Repubblica

29 dicembre 2006. Cellule fotovoltaiche organiche messe a punto al dipartimento di ingegneria elettronica all’università romana di Tor Vergata. Peccato solo che non profumino di mirtillo. Altrimenti le celle fotovoltaiche organiche oltre a rivoluzionare il mondo dei pannelli solari aiuterebbero a coprire la puzza di smog nelle nostre città.

Possono infatti utilizzare come elemento attivo pigmenti presi dai frutti di bosco e a differenza dei normali pannelli solari oggi in commercio hanno eliminato del tutto il silicio. Costerà meno produrli e istallarli quindi, ma soprattutto avranno la forma di fogli flessibili o di lastre di vetro semi trasparenti. Un domani quindi potranno essere “stesi” sopra i palazzi, funzionare come copertura per le tende della protezione civile, essere parte delle finestre di un edificio o dei cristalli di una vettura.

“La quasi totalità dei pannelli solari in commercio è costituta da pannelli in silicio che restituiscono il 15% circa dell’energia solare che ricevono”, spiega Thomas Brown, scienziato anglo-italiano che assieme a Aldo Di Carlo, Andrea Reale e Franco Giannini dirige il Polo per il Fotovoltaico Organico del Lazio presso il Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’Università di Roma Tor Vergata. “Quindi per soddisfare le esigenze di un utente medio occorre installare pannelli su aree molto estese. Ma il vero problema sono i costi di fabbricazione e di produzione che ne rendono problematica la diffusione in assenza di incentivi statali.

Senza dimenticare che il prezzo del silicio ad alta purezza non è destinato a scendere considerando la scarsità dell’offerta”.

Ma c’è appunto un alternativa, una strada che la comunità scientifica sta indagando dai primi anni ’90 per ridurre i costi tanto della produzione che dell’istallazione. Una tecnologia capace di produrre pannelli solari utilizzando come supporto due strati di plastica o di vetro che al loro interno contengono una pellicola sottile di materiale organico semiconduttore. Con un costo stimabile meno della metà di un pannello al silicio.

Di celle del genere ne esistono di due tipi: quelle ibride (organico/inorganico) e quelle totalmente organiche. Alla base viene utilizzato un processo molto simile alla fotosintesi clorofilliana, con una miscela di materiali in cui il pigmento assorbe la radiazione solare e gli altri componenti estraggono la carica per produrre elettricità.

Il problema, almeno per ora, è l’efficienza e la durata. “Le celle solari completamente organiche raggiungono una efficienza massima del 4% in laboratorio”, spiega Brown. “Quelle ibride invece sono più vicine a una maturazione tecnologica e quindi allo sfruttamento commerciale perché durano di più e l’efficienza è del 10% circa. Tanto che aziende come la Konarka Technologies, DyeSol, Aisin Seki, Hitachi, e Sharp, stanno investendo grosse risorse nello sviluppo di questo settore”.

Stando alle previsioni nel giro di qualche anno l’efficienza verrà ulteriormente migliorata, compresa quella delle celle completamente organiche, anche perché i vantaggi sono davvero tanti rispetto ai pannelli solari di oggi. “Basta pensare alle applicazioni”, conferma Brown.

“Essendo arrotolabili e facili da portare diventeranno ad esempio una risorsa preziosa in caso di disastri naturali. Ed è solo uno dei tanti impieghi possibili”.

Insomma il futuro per quel che riguarda l’energia pulita è nell’organico e per una volta l’Italia non rimarrà indietro. La prima applicazione pratica? Sull’isola di Ventotene nel 2008 quando verranno istallati i primi pannelli basati su questa nuova tecnologia.

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