I dazi del Solare negli USA

Fonte: AFASE

Roma, Italia. 22 maggio 2013. Gli sviluppi sul mercato statunitense non riescono a fornire un parametro per prevedere l’impatto dei dazi sul mercato europeo del solare

EU ProSun ha a più riprese sostenuto che i dazi antidumping e/o compensativi (AD / CVD) non avranno effetti sulla catena del valore del fotovoltaico europeo a valle e a monte della produzione di prodotti solari. Con riferimento agli Stati Uniti, EU ProSun afferma che il 2012 è stato un anno record per il numero di impianti fotovoltaici installati e che il numero di posti di lavoro nel settore americano del solare ha continuato ad aumentare, nonostante l’imposizione di AD/CVD.

Tuttavia, questo ragionamento è viziato e altamente fuorviante poiché:

1. la gamma di prodotti interessata dai dazi statunitensi è diversa rispetto a quella oggetto delle indagini dell’Unione Europea e 2. il mercato statunitense è difficilmente confrontabile con quello dell’Unione Europea.

1. La gamma di prodotti interessata dai dazi statunitensi è diversa rispetto a quella oggetto delle indagini dell’Unione Europea. Mentre le indagini UE includono i wafer, le celle e i prodotti di origine cinese, i dazi statunitensi vengono applicati esclusivamente sulle celle di origine cinese, siano o meno integrate all’interno di moduli.

I moduli prodotti in Cina che utilizzano celle di origine non cinese non sono soggetti agli AD / CVD statunitensi. I moduli cinesi possono quindi continuare ad attraversare le dogane statunitensi senza essere soggetti agli AD / CVD. In altre parole, la Cina ha potuto acquistare le celle da altri Paesi e assemblarle quindi all’interno del propri confini, evitando così i dazi. Se le importazioni negli Stati Uniti di moduli prodotti in Cina utilizzando celle cinesi sono diminuite, mentre al contempo le installazioni di impianti negli Stati Uniti sono aumentate, ciò è dovuto proprio al fatto che la domanda è soddisfatta da moduli prodotti in Cina utilizzando celle di origine non cinese, oltre che da moduli prodotti fuori dalla Cina. Ciò significa che l’andamento negli Stati Uniti non è un metro significativo per poter valutare l’impatto dei dazi nell’Unione Europea.

Paradossalmente, la parte ricorrente negli Stati Uniti, guidata da SolarWorld US, ha denunciato alle autorità statunitensi l’ingresso di prodotti sul mercato

USA che avrebbero aggirato gli AD / CVD esistenti. EU ProSun non dovrebbe affermare in Europa che gli AD / CVD statunitensi non producono effetti sulla catena del valore del FV negli USA, mentre allo stesso tempo il suo principale esponente lamenta, negli Stati Uniti, che i dazi non hanno ottenuto gli effetti sperati.

2. Il mercato statunitense è profondamente diverso da quello europeo. Ad esempio, mentre il mercato dei prodotti fotovoltaici a film sottile è molto ridotto nell’Unione Europea, tale mercato è molto rilevante negli Stati Uniti, dove questo prodotto domina il mercato degli impianti al suolo di grandi dimensioni. Non solo esistono pochi produttori cinesi di prodotti solari a film sottile, ma la domanda di impianti al suolo di grandi dimensioni negli USA viene soddisfatta principalmente da produttori del solare non cinesi, e in primo luogo dall’azienda statunitense First Solar.

Di conseguenza, un segmento molto consistente del mercato statunitense non subisce gli effetti degli AD / CVD sui prodotti cinesi. Nell’Unione Europea, al contrario, la domanda di impianti al suolo di grandi dimensioni viene soddisfatta principalmente da prodotti fotovoltaici in silicio cristallino, che sono oggetto delle indagini in corso.

Il confronto con il mercato statunitense è quindi viziato e dovrebbe invece basarsi sulle caratteristiche proprie di ogni mercato. Finanziamenti pubblici, tipi di impianto (es. su tetti privati oppure impianti montati al suolo), costo dell’energia elettrica, operatori sul mercato del FV e la loro importanza relativa sono tutti fattori per cui Unione Europea e Stati Uniti si differenziano molto. Perciò, l’andamento del mercato statunitense non può costituire un metro di giudizio per valutare l’impatto dei dazi.

Il pericolo per il settore del solare europeo è quindi imminente. I dazi in Europa non sono solo inefficienti, dato che la radice del problema per i produttori del solare è di natura strutturale, legata a elevate strutture dei costi e mancanza di economie di scala, ma essi sono contro l’Interesse dell’UE, comportando alti costi, in termini di posti di lavoro e di valore aggiunto lungo la catena del valore del fotovoltaico, e contraddicendo la politica dichiarata dell’Unione Europea, volta a stimolare la crescita delle energie rinnovabili.

L’effetto negativo dei dazi sulla catena del valore del FV dell’Unione Europea si riscontra anche nella dichiarazione di Sascha Möhring, AD di Möhring Energie GmbH:

“Il mercato del fotovoltaico è già bloccato e la discussione di nuovi progetti è molto limitata. Questa situazione potrebbe solo peggiorare con l’imposizione di dazi. Inoltre, i dazi comprometterebbero pesantemente la transizione energetica”.

Anche la stessa Commissione Europea, nel suo rapporto sulle energie rinnovabili del giugno 2012, sostiene:

“È importante continuare a utilizzare ogni strumento a nostra disposizione per ridurre i costi e fare in modo che le tecnologie per le energie rinnovabili diventino competitive e rispondenti alle logiche di mercato”.

 

Lo studio condotto da PwC non riesce a dimostrare gli effetti positivi dei dazi punitivi

Lo studio condotto da PwC non riesce nel suo obiettivo di dimostrare l’infondatezza dei risultati dello studio condotto da Prognos. Lo studio parte da presupposti errati e fallisce palesemente nell’intento di fornire un’analisi che provi che i dazi avrebbero un impatto netto positivo sull’occupazione, come sostenuto da EU ProSun. AFASE vuole fornire una risposta alle seguenti argomentazioni presentate nello studio di PwC:

1. PwC sostiene che AFASE sbagli nell’affermare che i dazi antidumping porteranno alla perdita di 242.000 posti di lavoro dato che, secondo l’Associazione Europea dell’Industria Fotovoltaica (EPIA), al momento il totale di posti di lavoro nel settore del solare in Europa è pari a 265.000 unità.

Prognos è partita dal presupposto che, senza i dazi in oggetto, la richiesta di pannelli solari è verosimilmente destinata ad aumentare e i relativi costi di produzione a ridursi ulteriormente. Lo studio ha quindi misurato l’impatto dei dazi su questo maggior livello di domanda futura. In tal modo, lo studio prende in considerazione l’impatto sugli attuali livelli di occupazione e valore aggiunto, ma anche sull’occupazione e sul valore aggiunto che sarebbero stati raggiunti come conseguenza della diminuzione dei costi e del raggiungimento di prezzi tali da permettere un aumento del numero di installazioni di nuovi impianti fotovoltaici.

Inoltre, i risultati dello studio di Prognos si basano su stime prudenti. L’Associazione Europea dell’Industria Fotovoltaica afferma che, lungo la catena del valore del fotovoltaico, vengono creati dai 32 ai 60 posti di lavoro all’interno dell’Unione Europea per ogni ulteriore MW di capacità installata. La riduzione della forza lavoro calcolata dallo studio di Prognos si trova vicina al margine inferiore delle cifre sopra indicate. Secondo i calcoli di Prognos, qualunque sia lo scenario preso in considerazione, non si perderanno più di 30 posti di lavoro per MW. Se si prendono in considerazione gli effetti positivi sull’occupazione presso i produttori comunitari di prodotti del solare, tale cifra potrebbe addirittura diminuire fino a 23-25.

2. Con riferimento agli Stati Uniti, EU ProSun sostiene che il 2012 è stato un anno record per l’installazione di impianti fotovoltaici e che il numero di posti di lavoro nel settore dell’energia solare statunitense è aumentato costantemente, nonostante l’imposizione di dazi antidumping e compensativi (AD / CVD). Secondo PwC “questo è un esempio utile a dimostrare che ci sono buoni motivi per non credere a quegli studi allarmanti che si basano su dati vaghi”.

Il 2012 potrà anche essere stato un anno record negli Stati Uniti, ma il confronto tra l’andamento del mercato statunitense con i potenziali effetti dell’imposizione di dazi sul mercato europeo è altamente fuorviante per le seguenti due ragioni (a tale proposito si veda anche la documentazione programmatica di AFASE sul mercato statunitense):

Diversa gamma di prodotti: le indagini dell’Unione Europea riguardano anche wafer, celle e moduli di origine cinese, mentre i dazi USA vengono applicati esclusivamente alle celle di origine cinese, siano esse integrate in moduli o meno.

I moduli prodotti in Cina che utilizzano celle non di origine cinese non sono soggetti agli AD / CVD statunitensi. I moduli cinesi possono quindi continuare ad attraversare le dogane statunitensi senza essere soggetti agli AD / CVD. Se le importazioni negli Stati Uniti di moduli prodotti in Cina che utilizzano celle cinesi sono diminuite, mentre le installazioni di impianti negli Stati Uniti sono aumentate, ciò è dovuto proprio al fatto che la domanda viene soddisfatta con moduli prodotti in Cina che utilizzano celle di origine non cinese, oltre che con moduli prodotti fuori dalla Cina. Ciò significa che l’andamento negli Stati Uniti non è un metro significativo per poter valutare l’impatto dei dazi nell’Unione Europea.

Si tratta di due mercati molto diversi: il mercato statunitense è molto diverso da quello europeo. Ad esempio, mentre il mercato dei prodotti fotovoltaici a film sottile è molto ridotto nell’Unione Europea, tale mercato è molto rilevante negli Stati Uniti, dove questo prodotto domina il mercato negli impianti al suolo di grandi dimensioni. Non solo esistono pochi produttori cinesi di prodotti solari a film sottile, ma la domanda di impianti al suolo di grandi dimensioni negli USA viene soddisfatta principalmente da produttori del solare non cinesi, e in primo luogo dall’azienda statunitense First Solar. Di conseguenza, un segmento molto consistente del mercato statunitense non subisce gli effetti degli AD / CVD sui prodotti cinesi. Nell’Unione Europea, al contrario, la domanda di impianti al suolo di grandi dimensioni viene soddisfatta principalmente da prodotti fotovoltaici in silicio cristallino, che sono oggetto delle indagini in corso.

3. PwC tenta di dimostrare l’infondatezza dello studio di Prognos sostenendo che sia altamente opinabile “l’ipotesi secondo cui i volumi dei fattori produttivi (ad esempio macchinari e materie prime) esportati dalla Germania alla Cina rimarranno a livelli costanti”. Si presume cioè che la Cina supererà la produzione di questi beni e che diventerà indipendente dalle importazioni dall’Europa.

Tale ipotesi non è in alcun modo opinabile. In primo luogo, il fatto che la Cina aumenterebbe la propria produzione di materiali e inizierebbe la produzione di macchinari per non acquistarli più da fornitori dell’Unione Europea si basa esclusivamente su una semplice affermazione, non supportata da alcuna prova concreta. Tutti i fornitori di materiali e attrezzature produttive dell’Unione Europea (come ad esempio Wacker, Applied Materials e VDMA – l’Associazione costruttori tedeschi macchine e impianti), hanno chiesto in modo esplicito e deciso all’Unione Europea di non imporre dazi antidumping, sostenendo che avrebbero influito negativamente sui propri interessi. Riteniamo che tali soggetti siano nella miglior posizione per valutare ciò che è nel loro interesse.

4. PwC non offre alcun dato utile a dimostrare che i dazi non avranno un impatto significativo sull’occupazione e sul valore aggiunto nell’Unione Europea.

Lo studio di PwC non tenta nemmeno di dimostrare che i dazi non avranno l’impatto sull’occupazione previsto da Prognos, né che l’impatto sull’occupazione presso i produttori comunitari di prodotti del solare sia più alto rispetto a quello calcolato da Prognos. Lo studio di Prognos rappresenta finora l’unica ricerca economica ad aver analizzato l’impatto sull’occupazione e sul valore aggiunto che potrebbe derivare nell’Unione Europea dall’applicazione dei dazi sui prodotti del solare di origine cinese.

Va inoltre sottolineato come Prognos sia considerata una società di ricerche di alta qualità, che ha intrapreso numerose ricerche sul mercato dell’energia per conto del governo tedesco e dell’Associazione tedesca dell’industria solare (BSW), quando Solarworld era nel consiglio di amministrazione di BSW.

 

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