Trabant: un nome, un mito

di Gianluca Zanelotto
Fonte: Tiscali Motori

2 giugno 2012. Il nome ha sempre evocato in noi italiani l’immagine di oggetto “traballante”, automobile dalla scarsissima affidabilità, fumosa e capace di bruciare strane miscele di benzina di dubbia origine.

Eppure la Trabant, nonostante i grandi difetti, ha avuto un pregio indubitabile: ha permesso a milioni di tedeschi dell’Est di avere un mezzo di locomozione economico e, tutto sommato, comodo.

Ma procediamo con ordine: la Trabant fu progettata e messa in produzione negli anni Cinquanta nella ex Germania dell’Est. Nata come auto popolare (un po’ come la sua antesignana Volkswagen per il popolo del Terzo Reich), la Trabant fu di fatto l’unica scelta possibile per il trasporto privato; nella DDR esisteva un’altra casa automobilistica, la Wartburg, che produceva automobili per qualità e tecnologia superiore alla Trabant della Sachsenring. Tuttavia i costi proibitivi delle automobili Wartburg di fatto relegavano il ruolo della Trabant ad auto del popolo, mentre le Wartburg erano usate dalla nomenklatura della Germania Est.

Nata con la denominazione AWZ (Automobilwerk Zwickau), venne poi ribattezzata Trabant per la prima volta nel 1957 per il modello definitivo P50 e significa “compagno di viaggio”, così come il termine russo “sputnik”, usato per il satellite lanciato nello stesso anno dall’Unione sovietica. La P50 era dotata di un motore a due tempi di 500 cm³ alimentato a miscela: da qui l’immagine del perenne pennacchio di fumo che esce dalla marmitta.

Per realizzare la carrozzeria venne scelta una plastica chiamata Duroplast, un materiale contenente resina che veniva rinforzata con lana o cotone: era economico da produrre ed evitava alla DDR di dover importare il costoso acciaio.

La fabbrica produceva tre modelli d’auto: la berlina, la cabriolet e la giardinetta. Le prestazioni erano modeste e l’auto impiegava 29 secondi per raggiungere i 100 km/h con partenza da fermo, mentre la velocità massima era di 112 km/h.
Con la caduta del muro di Berlino un grosso numero di Trabant si è riversato sul mercato dell’usato, tanto che nei primi anni Novanta era possibile acquistare una di queste vetture per una cifra irrisoria; con l’andare del tempo però sono diventate più rare ed il loro prezzo è salito, pur rimanendo sempre abbordabile.

Oggi si può vedere qualche esemplare circolare ancora in alcuni paesi dell’Europa orientale come Ungheria, Romania, Bulgaria, Moldavia.

L’antico produttore della Trabant, la “Sachsenring”, è tornata agli onori della  ribalta a fine anni Novanta per la presentazione di un nuovo modello ibrido, la “UNI-1”, mossa da un motore Audi 1.9 turbodiesel da 90 cv, abbinato a un motore elettrico per i percorsi brevi. Un breve sussulto di vitalità che ha provocato più di una lacrima di nostalgia in tanti ormai anziani ex conducenti ma anche speranza nei tanti estimatori di un marchio che ha fatto, nel suo piccolo, la storia di una nazione.

 

 

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